L’obiettivo della nuova riforma fiscale è di semplificare il “sistema attuale”, ridurre la pressione fiscale e migliorare il rapporto tra cittadini e fisco.
Tra le principali novità, spiccano la riduzione delle aliquote Irpef, con una maggiore attenzione al ceto medio, e l’introduzione del Concordato preventivo biennale (Cpb), che potrebbe offrire ai contribuenti la possibilità di sanare posizioni tributarie per il periodo 2018-2023.
Tuttavia, gli esperti esprimono preoccupazioni per i ritardi nell’attuazione e la complessità crescente delle nuove normative, con il rischio di creare disuguaglianze tra chi aderisce al Concordato e chi no. L’Associazione nazionale commercialisti sta seguendo con particolare attenzione l’evoluzione e le modifiche proposte da governo e Parlamento.
“L’emendamento di maggioranza al dl Omnibus n.113/24 – afferma il presidente di Anc Ragusa, Rosa Anna Paolino – prevede che i soli contribuenti che aderiranno al Concordato preventivo biennale entro il prossimo 31 ottobre, potranno avvalersi del “regime di ravvedimento” che permetterebbe loro di sanare le proprie posizioni tributarie per le annualità pregresse ancora non prescritte ed in particolare dall’anno d’imposta 2018 al 2023.
Il calcolo del ravvedimento sarà effettuato applicando una aliquota variabile al reddito dichiarato e pagando un’imposta fissa sul maggior importo determinato, così come previsto per il Cpb 2024 – 2025. Il tutto con un versamento minimo di 1.000,00 euro per ciascuna annualità, con un ulteriore sconto per il periodo Covid 2020 e 2021 e con l’impegno dichiarato di esclusione da accertamenti.
Questa ennesima modifica al Cpb evidenzia che, al momento, questo nuovo strumento su cui il governo ha puntato per il reperimento di importanti risorse, non sta riscontrando l’interesse da parte dei contribuenti e per tale motivo è in atto un tentativo di renderlo più “appetibile” prevedendo condizioni di favore per chi aderirà, oltre all’inasprimento delle sanzioni per coloro che non aderiranno.
Infatti, lo stesso emendamento al dl Omnibus prevede che i contribuenti che non aderiranno al Cpb, oltre ad essere soggetti a verifica, si vedranno ridotte le soglie per l’applicazione delle pesanti sanzioni previste all’articolo 21 del dlgs 472/97.
Questo emendamento, a nostro avviso, contiene due aspetti estremamente negativi e discriminatori tra contribuenti che meritano un’attenta analisi dal punto di vista costituzionale. I cittadini, in uno Stato di diritto, sono tutti uguali e non possono subire un trattamento differente a seconda dell’accettazione o meno di una proposta di reddito presunto da parte dell’amministrazione finanziaria”.
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