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Referendum di giugno, Comitati in tutta la provincia: ecco per cosa si vota

Anche in provincia di Ragusa è entrata nel vivo la campagna referendaria con la costituzione di numerosi comitati referendari in diversi comuni, tra cui Ragusa, Modica, Ispica, Scicli, Pozzallo e Comiso. L’8 e il 9 giugno si voterà su temi cruciali legati al mondo del lavoro, e per riaffermare diritti fondamentali della cittadinanza. Il referendum rappresenta uno strumento di democrazia diretta, il più alto momento di partecipazione civica, in cui i cittadini hanno il potere di decidere se abrogare norme. La CGIL di Ragusa, insieme ai comitati referendari, ai partiti politici e alle associazioni che hanno aderito all’iniziativa, organizzerà nelle prossime settimane una serie di eventi informativi e di sensibilizzazione in tutto il territorio provinciale. L’obiettivo è coinvolgere la cittadinanza, fornire chiarimenti sui quesiti referendari e favorire un voto consapevole. Ricordiamo che l’8 e 9 giugno si voteranno per 5 referendum. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili i 4 referendum promossi dalla Cgil e il referendum sulla cittadinanza, mentre ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata.

Il primo dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo.

Il secondo riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.

Il terzo punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

Il quarto interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

Il quinto referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.

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