Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profonda inquietudine e indignazione alla luce dei dati drammatici diffusi l’ 11 giugno 2025, nel corso della presentazione ufficiale della III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, promossa dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in collaborazione con Terre des Hommes e CISMAI.
L’indagine, illustrata nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla presenza di Marina Terragni (Autorità garante), Donatella Vergari (Presidente Terre des Hommes) e Marianna Giordano (Presidente CISMAI), restituisce un’immagine allarmante e non più rimandabile: in Italia, 113.892 minorenni risultano vittime di maltrattamenti su un totale di 374.310 presi in carico dai servizi sociali, pari al 30,4%. Un dato in vertiginoso aumento, se si considera che nel 2018 la percentuale si attestava al 19,3%. In termini concreti, significa che oggi 13 bambini ogni 1.000 subiscono violenze o gravi trascuratezze, contro i 9 di appena cinque anni fa.
Una vera e propria emergenza nazionale, che coinvolge l’intero tessuto sociale, e che affonda le radici nella fragilità crescente del nucleo familiare: l’87% dei maltrattamenti, infatti, avviene tra le mura domestiche. La violenza assistita – cioè il fatto che un bambino sia testimone di violenze tra i genitori o verso altri familiari – rappresenta da sola il 34% dei casi, mentre il neglect (trascuratezza) in ambito educativo, emozionale e fisico si attesta al 37%, rendendolo la forma più frequente di abuso. Seguono la violenza psicologica (12%), il maltrattamento fisico (11%), la patologia delle cure (4%) e l’abuso sessuale (2%).
Non meno inquietante è il fatto che il 52% delle segnalazioni provenga dall’Autorità giudiziaria, con le scuole ferme al 14%, le famiglie al 12%, e i servizi sanitari quasi inesistenti (4%), mentre medici di base e pediatri – potenziali sentinelle preziosissime – non superano l’1%.
In questo scenario, il CNDDU lancia un appello urgente al Ministro dell’Istruzione e del Merito, affinché la scuola italiana venga riconosciuta e strutturata come presidio attivo nella prevenzione e nella segnalazione del disagio infantile. È necessario un piano nazionale di formazione permanente per docenti ed educatori, che li renda capaci di individuare i segnali precoci di disagio, attivare le reti di supporto, collaborare con i servizi sociosanitari e – soprattutto – ascoltare.
È in quest’ottica che nasce la nostra proposta: Campagna nazionale “TI VEDO. TI CREDO.”
Una mobilitazione educativa e sociale, da promuovere in tutte le scuole italiane, con l’obiettivo di:
– Dare voce alle vittime silenziose di maltrattamento.
– Creare ambienti scolastici sicuri, fiduciosi, formati.
– Sensibilizzare la comunità educante a riconoscere e contrastare ogni forma di violenza.
Attraverso laboratori, incontri, materiali digitali, testimonianze e momenti di confronto intergenerazionale, “TI VEDO. TI CREDO.” si propone di rompere l’omertà che ancora circonda la violenza domestica, restituendo ai giovani il diritto a essere riconosciuti, creduti, accompagnati.
I dati parlano chiaro: il maltrattamento non è una piaga marginale. Colpisce bambini e bambine in ogni parte del Paese, con particolare incidenza nel Sud, dove si registra un raddoppio dei casi (da 5 a 10 su 1.000). E colpisce senza distinzione di genere, anche se con differenze nelle modalità: i maschi sono più frequentemente vittime di neglect educativo, violenza assistita e patologie delle cure, le femmine risultano maggiormente esposte ad abuso sessuale (77%) e violenza psicologica (53%).
Altro dato cruciale riguarda l’età delle vittime: solo il 18% ha tra 0 e 5 anni, a fronte del 32% (6-10 anni) e del 50% (11-17 anni). Questo segnala un’incapacità sistemica di intervenire precocemente, quando il trauma potrebbe ancora essere prevenuto o attenuato. Non è un caso che solo il 28% dei bambini sotto i 3 anni frequenti un servizio educativo, con disparità abissali tra Nord e Sud Italia.
Infine, la durata della presa in carico da parte dei servizi sociali – superiore ai due anni nel 56% dei casi – dimostra quanto profondo e complesso sia l’impatto del maltrattamento. Eppure, nel 12% dei casi non viene attivato alcun servizio specifico, segno ulteriore di una filiera della protezione ancora incompleta.
